Il PELLEGRINAGGIO A PIEDI SOTTO LA PIOGGIA PER SAN FRANCESCO DI LULA. UN MONDO IN CAMMINO TRA AFECIONADOS E NUOVI ADEPTI
- Luca Urgu
- 3 mag 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 3 mag 2024
Un passo dietro l’altro fino ad arrivare a frugarsi dentro.
E’ un pellegrinaggio a cui ognuno da un suo significato.
Un vero e proprio viaggio interiore in cui cuore e anima entrano in sintonia con il proprio corpo.
Il segreto è sempre quello: la semplicità, mettere un passo dietro l’altro, un pensiero che si collega a quello successivo.
Partire carichi e possibilmente sereni, mettendosi subito in modalità di ascolto.
Di sé stessi innanzitutto e poi soprattutto nei confronti degli altri.
I compagni di strada vanno scelti, altri sono casuali. Si va da soli o in compagnia. Ma ci sono anche presenze immaginarie con cui camminare, fianco a fianco.
Anche loro non sono random ma ci sono per diversi motivi.

📷 © Massimo Locci 2024
A voi la scelta, anche se è possibile che queste figure si alternino e si sovrappongono nelle sei ore di cammino dalla chiesa del Rosario di Nuoro al santuario campestre nelle campagne di Lula distante trenta chilometri.
San Francesco di Lula ti chiama, non sei tu a decidere di andare. A metterti per strada per un’intera notte, sia con il bello che con il cattivo tempo. Dal buio, dalle tenebre della notte fino alle luci dell’alba.
Non è forse anche questa una splendida metafora della vita dove c’è il sole, il sereno, ma anche la pioggia leggera rigeneratrice, ma non mancano pure i temporali con fulmini e saette.
Di quelle tempeste, che a volte ti sembra di non poter superare, ma che quando le attraversi pensi di poter sfidare fuoco e fiamme.

Un passo dietro l’altro.
Si inizia nell’asfalto, poi ci sono le pietre, l’erba, la terra ed infine il cemento dell’ultima irta e breve salita.
Pronti a ricevere e misurare le emozioni. Perché è chiaro che a meno che uno non sia insensibile in questo tragitto ricco di suggestioni e richiami interiori di stimoli ne arrivano diversi.
Molti sono intensi, hanno dei richiami precisi e li riconosci subito.
E’ bello credere che alcune cose accadono per caso laicamente parlando, oppure se si è guidati da una visione più dogmatica e di fede, perché c’è quella mano invisibile e protettrice a fare in modo che succedano.
Le parole e la successiva benedizione del giovane sacerdote della Madonna del Rosario, don Giovanni Cossu, sono carezze, iniezione di fiducia e una carica incredibile per i pellegrini.
La sua voce è ferma ma si avverte l’emozione del momento. Un pathos che trasferisce benissimo a chi seduto nei banchi con lo zaino in spalla lo guarda e lo ascolta.
Parla da uomo non da predicante teorico. E questo fa una grande differenza. I tre colpi al portone danni il via al cammino verso la Solitudine.
Quando ad oltre metà del percorso sotto una pioggia continua che non disturba ma è un’altra benedizione si affronta una nuova e impegnativa salita (su pettorru e tziu moro) a testa bassa non puoi non pensare a Paolo Ladu con cui hai camminato nei tornanti di Marreri. Al suo voto, al suo sacrificio e al suo volto incorniciato da una barba bianca candida.
Lui cammina, come sempre, scalzo, ma incredibilmente sereno. Sulle spalle ha lo stendardo del santo e la scorta tutta al femminile delle donne della sua vita.
“Glielo devo a San Francesco, ha salvato mia madre. Avevo 13 anni e da allora, è passato oltre mezzo secolo, non ho più smesso di venire, due volte l’anno (maggio e ottobre)”, dice con viso disteso e sereno di chi sa a menadito cosa lo aspetta in quel percorso che conosce a memoria tra piaceri e insidie. E anche quando è caduto si è sempre rialzato per terminare il suo viaggio. Con una forza di volontà incredibile.
Le croci disseminate nel percorso sono stazioni che consentono di rifiatare per qualche minuto. Un the caldo o un’acqua fresca offerte dagli uomini e donne del priorato sono la benzina necessaria per ripartire.
L’alba è bellissima. La campagna sembra un altopiano colombiano con le nuvole di foschia basse che sembrano toccarti i piedi. Si sentono belare gli armenti ormai pronti per la mungitura. E i cani pastore abbaiano stupiti e guardinghi per tutte queste presenze inattese.
In epoca di globalizzazione senti linguaggi internazionali. La magia del pellegrinaggio notturno, complici i social e l’web, ha varcato da tempo i confini regionali.
“Perché a San Francesco? “Why not (perché no), rispondono con un sorriso. Per poi spiegare meglio il loro viaggio da casa, dall’Ohio negli Usa fin qua. “Abbiamo letto della festa, del pellegrinaggio e del su filindeu e abbiamo deciso di vivere questa esperienza. Davvero bella e che conserveremo a lungo”, dicono Bianca LaBarbera e Mark Wilco, davanti alla chiesa nel santuario appena raggiunto.
Apprendono in quel momento che dopo essere stati accolti, con un garbo e una familiarità che non si dimentica, nella grande cucina del priorato per una ricca colazione che davvero conforta, potranno assaggiare anche quel piatto identitario.
Si accomodano, uno di fronte all’altro, e si godono quei fili di Dio della pasta unica al mondo (e che solo poche mani artigiane sanno tessere), cucinata nel brodo di pecora con abbondante formaggio.
Anche quello è un viaggio mistico. San Francesco val bene una messa e un viaggio intercontinentale. Sempre un passo dietro l’altro.
Buongiorno Luca, non ci siamo incrociati, a conferma che il cammino è soprattutto con sé stessi. Ma a metà percorso, quando la fatica ti invade tutte le persone care ti vengono in mente, vi è un pensiero per chi sta male, una speranza per questo mondo alla deriva. E quando da lontano si intravedono le luci del santuario diventiamo come un ciclista ad uno sprint, ma non per vincere ma per arrivare e sentire che c'è tanta gioia e pace. Lo hai ben descritto. Un abbraccio, Domenico Canu
Bellissimo racconto Luca 👍….
Un bel racconto che ben sintetizza ile emozioni di questo cammino.
Complimenti Luca ,sicuramente una bella esperienza da fare e raccontare 💪
Bellissima racconto. Bravo, e molte grazie