Tra gli uomini del sughero
- Luca Urgu
- 15 mag 2024
- Tempo di lettura: 5 min
Un giorno con i “marinai di foresta” che raccolgono la preziosa corteccia nel cuore delle montagne sarde
di Luca Urgu foto di Massimo Locci

Nell’oceano del Gennargentu tra querce secolari, rocciai, dislivelli, e zone dalla vista mozzafiato occorre navigare a vista. Ma soprattutto essere o voler diventare, in questo mare verdissimo di macchia mediterranea anche nel pieno di una rovente estate, dei marinai di foresta. Abili e senza paura. Perché chi fa questo lavoro capace di assorbire anche l’ultima delle energie, ha anche la voglia di mettersi in discussione, di dimostrare la vera balentia, di avere forza e carattere. E di condividere in gruppo le gioie e le sofferenze. I lavoratori del sughero sono una squadra, lo sanno benissimo per primi loro stessi, per portare avanti la stagione bene e concluderla allo stesso modo occorre essere affiatati. E guardarsi le spalle a vicenda. Non importa se tu sei il titolare dell’impresa, il caposquadra, un estrattore o un trasportatore. Ognuno ha un ruolo importante e lo deve fare bene. Tutti sono consapevoli di aver ereditato abilità dai nonni e dai padri. Così che uno sia un estrattore o un trasportatore per tre mesi l’anno (tanto più o meno dura la stagione della raccolta) vale la pena viverla in trincea intensamente. Dall’alba e per otto ore nei boschi a fare un lavoro dove anche l’ultimo dei centesimi è guadagnato con il sudore ma anche con la testa di chi è consapevole di imparare e di saper leggere il libro della natura come pochi. Nella foresta di Austis, dopo quasi un mese di attività intensa il lavoro è alle battute finali.
È un lavoro faticoso ma non lo cambierei con nessun altro Lo faccio da quando ero un ragazzino, vedo posti nuovi e vivo all’aria aperta e a contatto con le querce

Gli operai suddivisi in due gruppi battono i costoni della montagna di Sa Crabarissa, uno stupendo monumento naturale che domina la vallata. Il camioncino a trazione integrale con i lavoratori si arrampica nelle lingue tagliafuoco e sembra di vedere una scena ambientata in Colombia. Al primo sole inizia a brillare l’accetta degli estrattori (o scorzini). Per capire quanto siano abili, l’occasione arriva al punto di ingresso della foresta scelto dopo un sopralluogo del caposquadra la sera prima. Il mezzo si ferma in uno slargo dove una grande quercia sembra non vedere l’ora di liberarsi di quel vestito che indossa ormai da 10 anni. In due stando ai fianchi opposti della quercia (si lavora sempre in coppia) iniziano a colpirla, prima orizzontalmente per fare una sorta di collana. Tra loro c’è intesa e si avverte. Seguono cadenzati gli altri tagli che incidono le porzioni di corteccia. Fino a quando le plance non si staccano. I gruppi di operai, quello proveniente da Escalaplano e Ballao e l’altro di Gavoi e dintorni occupano due vaste aree. Si taglia, si accumulano le cortecce e poi in spalla si avvicinano fino al camion parcheggiato nella strada asfaltata. I ragazzi si caricano anche 50 chili sulle spalle, poi con le loro ridotte percorrono un tratturo a tratti scivoloso, poi ancora giù a recuperare il resto.
L’industria Il distretto Gallura dona il più prezioso La foresta di sughero portoghese è considerata uno dei 35 santuari di biodiversità del mondo, e da qui si ottiene buona parte della produzione. Il Portogallo è il primo con circa il 52%, seguono Spagna con un 25% e poi tutti gli altri paesi del Mediterraneo tra cui l’Italia con il 6% della produzione mondiale, concentrata per un 4% in Sardegna che ha una qualità eccelsa e un distretto in Gallura
Una sosta di cinquanta minuti per il pasto serve a ritemprarsi e ad affrontare l’ultimo sforzo della giornata. «Si, è un lavoro faticoso. Ma lo faccio da quando avevo 14 anni e non me ne sono pentito nemmeno un giorno. Sto all’aria aperta e conosco posti nuovi. Questa è la mia vita, a contatto con le querce», dice Delio Pisano che porta giù nel canalone i suoi ragazzi che si fanno strada nella boscaglia con colpi di roncola ben assestati. La squadra fatica ma non perde il buonumore. E ai novizi non mancano gli scherzi come quando a un giovane, già provato per il peso del sughero sulle sue spalle, un buontempone aggiunge un bel sasso per “incrementare” il carico. L’altro caposquadra di Gavoi, Giovanni Mastio si muove come un furetto. «Ajò pizzinnos, tra pagu est s’ora e su gelato», se la ride incontrando gli sguardi di intesa degli altri. I marinai di foresta spuntano dalla boscaglia come dei pirati con l’accetta affilata. Il sole è già alto e il caldo torrido quando è finalmente ora di tornare a casa. La navigazione nelle foreste durerà ancora per qualche giorno poi di nuovo terraferma fino al prossimo viaggio del sughero tra le querce maestose che colorano di rosso, marrone ed arancio le campagne.

L'IMPRENDITORE Michele, ventenne con il bosco nel sangue
È come il generale di 20 anni di Fabrizio De Andrè, senza gli occhi turchini – i suoi sono neri ed espressivi – e senza giacca, troppo caldo per indossare qualcosa oltre la maglietta. Michele Lavra di Gavoi è il titolare della società che ha vinto l’appalto nei mesi scorsi bandito dall’Ente foreste che gestisce un migliaio di ettari di comunale di Austis. Ha appena 21anni, ma ha già il piglio di chi in questi boschi ci è cresciuto grazie agli insegnamenti del padre Antonio (che ha anche uno stabilimento in Gallura per la lavorazione della materia prima). «Io rappresento la terza generazione, ho il nome di mio nonno, che per primo lavorava nei boschi e nel sughero. Ne sono orgoglioso ed appassionato – spiega con convinzione Michele Lavra – . E non mi stanco di imparare. Dire che sono nato in questi boschi non è un’esagerazione. Ho fatto e faccio di tutto dall’estrazione, al trasporto, alla guida dei mezzi. In più giustamente ho la responsabilità dell’impresa, di pianificare, gestire e organizzare i vari processi produttivi. Il lavoro non mi spaventa e si va avanti consapevole che ci sono stagioni buone e altri difficili. Maquello che non deve mai mancare è l'impegno». Il ragazzo è solido nel fisico e nelle idee e malgrado la giovane età ha rispetto e considerazione degli operai, anche perché quando è necessario sa sporcarsi le mani come uno di loro. Il primo a tirare la carretta anche nei percorsi più ardui. E se nell’affascinante mondo del sughero, tra lavoro, natura e antichissime tradizioni, la Sardegna può ancora recitare una parte da protagonista nell’industria mondiale – grazie alle sue querce disseminate da nord a sud, in sugherete che fanno parte del paesaggio identitario dell’isola – molto lo si deve all’abilità di questi estrattori che hanno ancora un dna tutto sardo e una valanga di conoscenze sedimentate negli anni e tramandate di generazione in generazione.

Interessante excursus nel mondo della lavorazione del sughero, attività importante nella realtà economica sarda. Nel racconto ci presenti un giovane lavoratore che non ha paura della fatica e si cimenta in tutte le fasi dell’estrazione del sughero, portando avanti una tradizione di famiglia con orgoglio, dedizione e piglio imprenditoriale, storie, che ci piace assaporare per il valore che trasmettono.
Nel leggerlo sono un po’ tornata indietro nel tempo a quando, da ragazzina, visitai a Tempio un impresa che si occupava della lavorazione di tappi da sughero, produzione esportata in varie parti del mondo. Ho sentito i profumi di quei luoghi e rivisto i bellissimi sughereti avvolti del loro cappotto grossolano, ma unico nelle sue vesti e che da’ …